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Istituto per la Dottrina e l'Informazione Sociale

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CESPOC
Centro Studi sulla Popular Culture
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Con il contributo dell'Assessorato dei Beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Siciliana

Lo scautismo come percorso educativo: dal fascicolo popolare a un esempio contemporaneo in Sicilia

Jean de la Hire

copertinaJean de la Hire è il nom de plume più conosciuto (non l’unico) del conte Adolphe-Ferdinand Célestin d’Espie de La Hire (1878-1956), autore prolifico e controverso di oltre duecento romanzi, senza contare i fascicoli popolari – che ci interessano propriamente in questa sede – e le opere di saggistica, che egli considerava peraltro le sue più importanti. In un appunto bibliografico – peraltro incompleto – scritto poco prima di morire, nel maggio 1956 (“L’Oeuvre littéraire de Jean de la Hire”, Désiré, anno IV, n. 19, dicembre 1968, pp. 515-522), il romanziere distingue tre fasi della sua opera: giovanile, matura e del secondo dopoguerra. La fase giovanile comprende una serie di romanzi storici, d’amore e di costume che de la Hire pubblica a partire dall’età di vent’anni (La Chair et l’esprit, Edmond Girard, Parigi 1898) e che sono inizialmente accolti assai favorevolmente dalla critica, la quale vede nel realismo del giovane autore la promessa di un nuovo Émile Zola (1840-1902). Lentamente, tuttavia, de la Hire scivola nello stile melenso e allusivamente erotico di quella che i critici considerano una letteratura per le classi popolari. Il suo legame con la letteratura colta si mantiene soprattutto attraverso la fidanzata e poi (dal 21 maggio 1904) moglie Marie Weyrich (1878-1925), poetessa e pittrice nota soprattutto per la sua amicizia con il pittore e poeta dadaista Francis Picabia (1879-1953), con cui collabora per molti anni e di cui scrive la prima biografia. Nell’anno del matrimonio, il 1904, de la Hire diventa editore con le Éditions Adolphe d'Espié, principalmente dedite alla pubblicazione de La Revue des lettres, co-diretta fino al 1907 da Marie, e con la Bibliothèque indépendante, che pubblica anch’essa opere di Marie e che nel 1905 lo scrittore cede alla cognata.

Nel frattempo, infatti, de la Hire ha scoperto che la letteratura popolare, per quanto disprezzata dai critici, si vende assai meglio di quella di élite. Senza abbandonare i temi storici e gli intrighi amorosi – cui aggiungerà, dopo la Prima guerra mondiale, le avventure militari – il romanziere scopre la sua vocazione in quella che solo dal 1927 sarà chiamata con il nome di fantascienza. In questo campo pubblica a trent’anni in volume – dopo che è uscito in feuilleton su Le MatinLa Roue fulgurante (Tallandier, Parigi 1908), una storia di terrestri rapiti e portati su Saturno e Mercurio. L’opera – considerata la sua migliore dagli estimatori francesi del romanziere – espone anche idee sulla reincarnazione e inaugura un filone di idee religiose eterodosse che si ripresenterà spesso nell’opera di de la Hire. I critici anglofoni ritengono invece che le opere più importanti di de la Hire siano i romanzi della serie del Nyctalope, in quanto si tratta del primo supereroe della cultura popolare del Novecento. La serie inizia con L’Homme qui peut vivre dans l’eau (Ferenczy, Parigi 1908) in cui Jean Sainte-Claire si batte contro il malvagio Oxus che ha creato l’Hictaner, un uomo che può respirare sott’acqua come i pesci. Ma il supereroe, il Nyctalope, dotato di un super-cuore artificiale e di occhi che possono vedere anche al buio, appare nel secondo romanzo, Le Mystère des XV (Ferenczy, Parigi 1911), in cui Oxus cerca di conquistare Marte ma è fermato dal figlio di Jean, Léo Saint-Clair (o Saint-Claire, a seconda dei romanzi e delle edizioni), che è diventato il Nyctalope come risultato (imprevisto dai suoi nemici) di una forma estrema di tortura. Seguiranno altri sedici romanzi, l’ultimo dei quali pubblicato nel 1955, nel corso dei quali il Nyctalope si sposa tre volte (e divorzia due), combatte numerosi altri super-cattivi e collabora con l’ambasciatore giapponese Gnô Mitang (di cui sposa la pupilla Sylvie), trovandosi a lottare tra l’altro contro un potente vampiro psichico, l’imperatrice cinese Alouh T’Ho, che ha creato a Lione una setta di Adoratori del Sangue. Ancora al ciclo fantastico che rappresenta il meglio della produzione di de la Hire va ascritta l’opera in fascicoli popolari Le Corsaire sous-marin (79 fascicoli, Ferenczy, 1912-1913, ristampato in 76 fascicoli – da 0 a 75 – da Ferenczi, 1936-1937; in italiano pubblicato come Il corsaro delle tenebre. Avventure strepitose, Sonzogno, Milano 1924). Sia la tematica, sia il cambio di nome dell’editore da Ferenczy a Ferenczi fra la prima e la seconda edizione, annunciano i problemi per cui de la Hire sarà per molti anni – e resta tuttora in parecchi ambienti francesi – uno scrittore controverso se non impresentabile.

Le Corsaire sous-marin s’ispira a Jules Verne (1828-1905) in un modo che rasenta spesso il plagio, e prestiti generosamente attinti ad altri autori si ritrovavano già nella Roue fulgurante. Quando de la Hire comincerà a dover scrivere centinaia di fascicoli e capitoli all’anno, le cose peggioreranno e in qualche caso il plagio sarà spudorato, il che farà confinare il romanziere da critici contemporanei come Matthieu Letourneux (di cui si vedano i testi citati in bibliografia) nell’inferno degli “operai” meno scrupolosi e più disonesti della letteratura di consumo popolare. Così, il settimo fascicolo, Franc-Hardi et les Martiens, di Les Grandes Aventures d’un Boy-Scout (Ferenczi, Parigi 1926) si rivela nell’analisi di Letourneux un plagio del fascicolo 144 della prima edizione francese delle avventure in fascicoli di Buffalo Bill: Parmi les Mormons (Eichler, Parigi 1909: l’autore di questo specifico fascicolo, peraltro non è il principale creatore della serie di Buffalo Bill, Prentiss Ingraham, 1843-1904, come pensa Letourneux, ma è William Wallace Cook, 1867-1933). Non si sa se indignarsi o sorridere, nel vedere lo stereotipo dei cattivi mormoni utilizzato da Cook trasformato da de la Hire in quello dei cattivi marziani, con il deserto dello Utah che diventa il deserto di Marte e Buffalo Bill reincarnato nel boy-scout Franc-Hardi. E tutto questo copiando letteralmente parecchie pagine di un altro autore, cambiando solo qualche dettaglio. Il plagio di Buffalo Bill era stato già notato in altri fascicoli della serie Les Trois Boy-Scouts da un ammiratore di de la Hire, René Coudroy (“Héros de Jean de la Hire – Les Boy-Scouts”, Désiré, anno II, n. 7, ottobre 1966, pp. 173-174). Assai più spesso, de la Hire copiava se stesso riproducendo in un fascicolo successivo passaggi da un fascicolo o romanzo precedente: così il numero 100 della seconda serie dei Trois Boy-Scouts è identico al numero 25 della prima serie.

In questo caso almeno non c’erano problemi di diritto d’autore, ma neanche Eichler – editore del Buffalo Bill francese – poteva lamentarsi. Dopo la Prima guerra mondiale questo editore mitico per la storia del fascicolo popolare, che operava con filiali in tutta Europa, si era suicidato e la sua casa editrice era sparita: il suo cognome era considerato troppo tedesco in Francia e troppo ebreo in Germania. In Francia, per gli stessi motivi, Ferenczy diventò appunto Ferenczi. Che ne pensava Jean de la Hire? Le sue idee politiche originarie – contro la tradizione cattolica della famiglia (un suo avo era stato fra i compagni di santa Giovanna d’Arco, 1412-1431) – facevano riferimento a una sinistra autoritaria e fortemente anticlericale. Soprattutto dopo il matrimonio con Marie Weyrich, figlia e nipote di pastori protestanti liberali, la produzione di de la Hire assume un tono anticattolico, e i più classici stereotipi sull’Inquisizione spagnola si ripresentano in numerosi suoi testi. Gli editori dei suoi romanzi popolari non intendono tuttavia alienarsi il pubblico cattolico, e la saggistica anticlericale è pubblicata con lo pseudonimo di Edmond Cazal. Con questo nome de la Hire fa pubblicare fra l’altro quella che nella bibliografia del 1956 definisce la sua “opera capitale”, Sainte Thérèse d’Avila (Ollendorf, Parigi 1921), testo non solo messo all’Indice ma (almeno secondo tale bibliografia) “bruciato solennemente a Madrid in un cortile interno del Palazzo Reale in presenza di una folla d’invitati, del Legato del Papa e del re Alfonso XIII [1886-1941]”. Il volume è una curiosa ricostruzione delle estasi di santa Teresa d’Avila (1515-1582) in termini di delirio a sfondo sessuale. Come tale, sarà duramente attaccato dal mondo cattolico e letto con interesse da uno psichiatra laico come Pierre Janet (1859-1947).

Dopo la morte della moglie Marie, senza rinunciare all’anticlericalismo, de la Hire si sposta sempre più a destra, il che lo porta fino a pubblicare nel 1942 un’apologia del collaborazionismo (Hitler, que nous veut-il donc?, Éditions du Livre Moderne, Parigi 1942). L’editore, Éditions du Livre Moderne, non è altro che il vecchio Ferenczy, poi Ferenczi, “arianizzato” nell’aprile 1941 con l’eliminazione di tutti i dirigenti di origine ebraica e il cambio di nome. Il primo commissario-gestore di questa casa editrice non è altri che Jean de la Hire stesso; anche se il suo spirito indipendente rende meno facile del previsto la collaborazione con i nazisti, e il 29 dicembre 1941 questi lo fanno licenziare. Tuttavia le sue attività di collaborazionista gli costano care dopo la Liberazione. Il 21 maggio 1945 è arrestato, quindi trasferito per ragioni di salute all’ospedale di Château-la-Vallière. Evaso dalla sua camera d’ospedale come un eroe dei suoi romanzi, il 30 aprile 1948 è condannato in contumacia a dieci anni di reclusione e alla degradazione nazionale. Il 3 dicembre 1951 si costituisce. Potrà beneficiare di diverse riduzioni di pena, uscire dal carcere e ricominciare a pubblicare, anche se soprattutto sotto pseudonimi. Muore a Nizza in casa della sua ex-segretaria nel 1956. Ci vorranno molti anni prima che il suo collaborazionismo sia dimenticato e si ricominci a parlare di de la Hire, rivalutato soprattutto da quegli studiosi anglo-americani di fantascienza che ne apprezzano La Roue fulgurante e le avventure del Nyctalope.

Se questi ultimi testi fanno ormai parte del patrimonio storico della fantascienza internazionale, che dire del suo contributo alla storia del fascicolo popolare? Si è detto del Corsaire Sous-Marin, troppo debitore a Verne ma che pure ha i suoi estimatori. Uno dei romanzi sentimentali di de la Hire, Les Drames de Paris, è stato pubblicato in cento fascicoli dalla Librairie Contemporaine di Parigi nel 1932-1933 e, con lo pseudonimo di Alexandre Zorca, cinquanta fascicoli di Les Mousquetaires de quinze ans (Ferenczi, Parigi 1922-1923), una storia di cappa e spada. Il romanziere ha pure offerto due contributi tutto sommato minori al genere del viaggio giovanile intorno al mondo, reso popolare in Francia da Arnould Galopin (1865-1934): Le Tour du Monde de deux enfants (71 fascicoli, Ferenczi, Parigi 1922-1923), tradotto in italiano come Il giro del mondo di due ragazzi (71 [?] fascicoli, Taurinia, Torino 1933-1934), e Le Grand Match de quatre enfants autour du Monde (32 fascicoli, Ferenczi, Parigi, 1926-1927), tradotto in italiano come La Grande Avventura. Gara di quattro ragazzi intorno al mondo (16 fascicoli, Sonzogno, Milano 1932). Se de la Hire non è in grado di fare veramente concorrenza a Galopin quando si tratta di giri del mondo, lo stesso vale in tema di romanzi scout per Galopin, il cui Le Tour du Monde d’un boy-scout (77 fascicoli, Albin Michel 1933-1934) non ha mai seriamente minacciato il primato di de La Hire nel settore del fascicolo scout. Anzi, Le Grand Match di de la Hire può essere incluso nel campo del fascicolo scout perché si tratta della sfida, sulla base di un testamento, fra due scout, Antonin Rascas di Marsiglia e Luc Badoit di Parigi, e due coetanei non scout, Victor Raquet (“Totor”) e Jean-Paul Léonec, sia per ritrovare insieme una famiglia francese scomparsa fra l’America e il Canada, i Lion,  e un “Tesoro degli Indiani” sia per “definire finalmente la questione se soltanto i boy-scout siano capaci di vivere grandi avventure” (Le Grand Match de quatre enfants autour du Monde. 1. Le mystérieux Départ, Ferenczi, Parigi 1926, p. 4). Ci saranno cambi di formazione e numerose peripezie ma alla fine sarà il non scout Léonec ad arrivare per primo al traguardo, anche se – sposando la bella Lucile Lion – sarà lo scout Luc Badoit, “benché arrivato buon ultimo, a vincere veramente la gara perché, per fortuna, si acquistava una promessa di felicità per tutta la vita” ((Le Grand Match de quatre enfants autour du Monde. 32. Le Dénouement, Ferenczi, Parigi 1927, p. 511). E vissero felici e contenti… ma in realtà erano contenti anche i lettori, che continuavano ad acquistare i fascicoli.

Perché nonostante i plagi, la scrittura ripetitiva e “industriale”, la mancanza d’ispirazione spesso evidente e lontana dall’effervescenza fantastica della serie del Nyctalope, il contributo alla letteratura scout di de la Hire rimane decisivo. Non solo – insieme a pochi altri – de la Hire ha messo insieme scoutismo e fascicolo popolare, ma in un panorama francese dominato dalla collana scout cattolica Signe de piste ha offerto un’alternativa non confessionale. Se sono vere le cifre di centinaia di migliaia di fascicoli venduti ogni anno, certamente de la Hire (che nelle avventure scout si tiene ben lontano dagli spunti anticlericali dei saggi) aveva anche lettori tra gli scout cattolici e i cattolici in genere. Ma per i non cattolici c’era solo lui, che in ogni caso rendeva chiaro al lettore scout che i suoi eroi appartenevano ai laici Eclaireurs de France e non ai cattolici Scouts de France, peraltro maggioritari. E le storie dei tre boy-scout (il parigino Raymond Balsan, il marsigliese Marius Carrou e il bretone Jean-Marie detto Jean-Bart, Kloadec: tutta la Francia doveva essere rappresentata), senza nessuna pretesa di fare parte della grande letteratura o di offrire descrizioni accurate dei paesi lontani visitati dai protagonisti, hanno intrattenuto generazioni di lettori. Confessava di averli divorati con avidità anche il filosofo Jean-Paul Sartre (1905-1980: Les Mots, Gallimard, Parigi 1964, p. 64), le cui idee erano peraltro lontanissime da quelle di Jean de la Hire.

Lo schema – semplice – è sempre quello di una sfida o di una gara. Nella prima serie di Les Trois Boy-Scouts (43 fascicoli certamente pubblicati, Ferenczy, Parigi, 1913-1914) i tre ragazzi devono traversare l’Atlantico in idrovolante per vincere un premio di cinque milioni di franchi: ce la faranno, e decideranno di partire per un giro del mondo che s’interromperà – con la pubblicazione dei fascicoli – a causa della Prima guerra mondiale. Ma nel 1919 le avventure riprenderanno con la seconda serie di Les Trois Boy Scouts (108 fascicoli, Ferenczi, Parigi 1919-1921; in italiano la prima e la seconda serie sono state combinate nella traduzione I tre boy-scouts. Avventure meravigliose, 150 fascicoli, Sonzogno, Milano, 1920-1923– dove i boy scout diventano, da francesi, italiani –, ristampata con gli stessi testi e copertine dallo stesso editore quattro volte: nel 1928-1934, nel 1937-1940, parzialmente a partire dal 1942, e di nuovo integralmente fra il 1953 e il 1956), per finire soltanto con il matrimonio dei tre eroi. Ma se il trio può finalmente riposarsi in famiglia, non si può dire lo stesso di de la Hire, che ha ormai un vasto pubblico scout che non può abbandonare. Mette così in scena il super-boy scout: Paul Mandar in L’As des Boy-Scouts (52 fascicoli, Ferenczi, Parigi, 1925-1926, con ristampa nel 1932-1933 e traduzione italiana L’asso dei Boy-Scouts, 52 fascicoli, Le Edizioni Moderne - Casa Editrice Emilio Picco, Torino 1927) – guida di un gruppo di sei scout francesi che batte gli omologhi inglesi in una corsa intorno al mondo per un premio, stavolta, di dieci milioni di franchi – e Franc-Hardi in Les Grandes Aventures d’un boy-scout (28 fascicoli, Ferenczi, Parigi 1926; in Italia la serie fu pubblicata come La grande avventura di un boy-scout sul settimanale Il Giovedì della Casa Editrice Emilio Picco di Torino dal 6 gennaio 1929, ma s’interruppe con la puntata numero 45 del 3 novembre 1929 per la morte del settimanale torinese), dove l’eroe scout visita Marte e Saturno ripercorrendo ampiamente le gesta dei protagonisti dei vecchi romanzi di fantascienza di de la Hire. La formula è ripresa in Le Roi des Scouts (64 fascicoli, Fayard, Parigi, 1931-1932). Nel 1933 alla fantascienza si sostituiscono le esperienze precedenti del romanziere nel campo dei racconti di guerra e di spionaggio, con la rara serie Scouts, service secret, per una volta pubblicata dal concorrente di Ferenczi, Tallandier, che manca anche alla Biblioteca Nazionale di Parigi (e che lo stesso de la Hire aveva dimenticato nella bibliografia del 1956): ne conosciamo i titoli fino al numero 27 (secondo Letourneux dovrebbero essere “una quarantina”).
Ma il pubblico vuole i tre boy-scout. Anziché strapparli alle loro mogli, secondo un espediente comune nella letteratura popolare (ricordiamo i numerosi “figli di Zorro”), de la Hire nel 1935 mette in scena tre figli del trio originario già diventati a loro volta scout e impegnati in un giro del mondo: Jean Balsan, Antonin Carrou e Yvon Cloadec. Il successo di questi 75 fascicoli di Les Trois Boy-Scouts. Nouvelles aventures modernes (Ferenczi, Parigi 1935) non è lo stesso di quelli consacrati ai genitori, ma è comunque sufficiente perché a partire dal 1937 Ferenczi chieda a de la Hire di mettere in scena un’ultima sfida scout : Le “Million” des Scouts. Grand roman d’aventures modernes par les airs, les terres et les mers (22 fascicoli) che si chiude con un episodio il cui titolo, Pour la France et la paix, ha un suono piuttosto sinistro se si pensa alle successive disavventure del romanziere.

Come tutti i fascicoli che mettono in scena – scout o meno – giri del mondo, quelli di Jean de la Hire sono stati accusati di una visione colonialista dei popoli in via di sviluppo. In particolare, la gara fra scout francesi e inglesi de L’As des Boy-Scouts si risolverebbe in un’apologia della Francia coloniale e della sua superiorità sull’Impero Britannico. Forse è così, ma sarebbe arbitrario collegare questi spunti alle posizioni politiche di de la Hire, dal momento che si ritrovano in tutti gli autori di fascicoli – alcuni dei quali hanno militato dalla parte opposta all’epoca di Vichy e della Resistenza – nessuno dei quali brilla per un accostamento multiculturalista che forse sarebbe eccessivo chiedere a chi scriveva fra il 1910 e il 1940. Altre critiche – secondo cui il carattere “virile” dei giovani scout e il ruolo limitato attribuito alle donne sarebbero elementi tipicamente fascisti – sembrano utilizzare ex post quanto sappiamo dopo la Seconda guerra mondiale delle scelte politiche tragicamente sbagliate di de la Hire. Certamente le preferenze “fasciste” di de la Hire non erano quelle dell’enorme pubblico di lettori delle sue storie scout degli anni 1920 e 1930, per non parlare degli anni 1910. La rappresentazione degli scout è semmai – se si considerano le grandi passioni ideologiche e politiche di de la Hire nel corso della sua carriera – singolarmente neutrale (forse anche “commercialmente” neutrale: gli editori dovevano vendere a famiglie delle opinioni più disparate). Alla fine, così, gli scout del laico e anticlericale de la Hire non sono poi così dissimili (o le differenze, se ci sono, non sono sempre facili da cogliere) da quelli dei suoi veri concorrenti: gli autori cattolici della collezione di romanzi Signe de piste.

B.: Hommage à Jean de la Hire, numero speciale di Désiré, anno IV, n. 19, dicembre 1968; Le Chasseur d’illustrés, numero speciale fuori serie Jean de la Hire, senza data; Matthieu Letourneux, “Jeux et sérialité dans L’As des boy-scouts, ou le tour du genre en 52 fascicules”, in Cécile Boulaire (a cura di), Le Livre pour enfants. Regards critiques offerts à Isabelle Nières-Chevrel, Presses Universitaires de Rennes, Rennes 2006, pp. 79-90; Matthieu Letourneux, “Répétition, variation… et autoplagiat. Les pratiques d’écriture de Jean de la Hire et la question des stéréotypes dans les genres populaires”, in Loxias n. 17, Littérature et stéréotypes. Actes de la journée d’études, Nice, 23 février 2007, disponibile via Internet all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/3caa83.